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I Sing the Voice Impossible "Bernardo Lanzetti"

Accettate l'idea di ascoltare qualcosa di assolutamente innovativo per la nostra musica? Già qui, abbiamo problemi a dare delle definizioni di genere, dei "margini artistici" perché non è proprio musica italiana se non per il fatto che il disco è stato registrato da noi e realizzato da una delle voci più belle del nostro rock. Allora accettate l'idea di ascoltarlo e basta?
Bernardo Lanzetti dà sfoggio di una voce bellissima, duttile, manipolatrice e manipolabile, che diventa lo strumento-guida di una grande orchestra. Non per altro l'artista canta "la voce impossibile"! È la naturale consacrazione di un vero performer, che ha attraversato i momenti salienti del rock italiano e li ha caratterizzati in parte. La sua voce è soggetto (compositore), oggetto (interprete) e "controllore" del carattere di alcuni strumenti: non cerca di imitarli ma, letteralmente, li suona avvalendosi anche di apparecchiature come il Fairlight Voice-Tracker e il Glovox (inventato dallo stesso Lanzetti). Il performer vocale è, di volta in volta, speaker, rocker, bambino rapper, vocalist, rumorista e strumentista.
Da un ascolto approfondito se ne esce con la consapevolezza di avere ritrovato il "lead vocal" che diede la meritata internazionalità alla PFM, che tratteggiò un percorso innovativo nella musica progressive degli anni '70 (Acqua Fragile) e che ha saputo misurarsi con veri e propri tabù (qual è la musica inglese per i nostri artisti) vivendo per molto tempo a Londra e che, ora, sperimenta con la consapevolezza di intraprendere un viaggio senza meta prefissata.
Prodotte da Dario Mazzoli e registrate, nell'arco di tre anni, a Milano, le composizioni (è giusto definirle così!) sono dieci, sono varie e libere dagli schemi convenzionali pur mantenendo il formato di canzone: Progressive! Rock! New Age! Dance! Jazz! Etnica! ma, sono certo, saprete trovare altrettante collocazioni stilistiche ascoltando il disco.
"Radio Shanghai", composizione del 1984 emblematica e sottilmente innovativa perché testimonia come la voce possa trascinare gli strumenti in figurazioni di 5/4 scivolando sopra una solida batteria in 4/4. Ispiratore della copertina, l'artificio è struttura per altri brani del CD. La voce, prima ingabbiata in una scala di note gravi, si libera poi in un coro fanciullesco che introduce il racconto. La storia è quella di un fuggitivo con una nuova identità, a disagio in un luogo imprecisato dove i programmi di un'esotica radio sono compagni quotidiani di rimpianto per la donna amata e forzatamente abbandonata.
"She's gonna rock you" è un rock velenoso, con il Glovox in competizione con la chitarra elettrica. Tiratissimo, vibrante, uno di quei pezzi che farebbero impallidire le nuove band rock (al centro di questa storia)! Uno dei ragazzi lascia il gruppo per una "mangiatrice di uomini" sexy e tatuata.
"Come again" è l'eterea rilettura di un brano del 1596 di John Dowland, arrangiata con grande sensibilità da Dario Mazzoli. Recuperare una musica d'altri tempi è un tentativo di azzerare la sperimentazione fine a sé stessa...

"Can you dance to it?" è il primo singolo scelto per la radio.
Due danzatori si muovono in due stanze compenetrate seguendo divisioni ritmiche diverse: si congiungono e ricongiungono ogni 20 pulsazioni! Il brano, con tempo 5/4, è fuori ogni canone dance eppure la sfida è proprio nel riuscire a ballarlo! L'intercalare di un organo acid e un piano jazz lo potrebbero avvicinare alle nuove produzioni black. Senza dubbio, l'album è inconsapevolmente pensato per un ascoltatore attento ed esigente, senza riferirsi ad un target di pubblico ben preciso.
Nel finale di "Simple as the weather", scritta negli anni '70 e ispirata da certa poesia americana dell'epoca, si nota di nuovo la commistione della voce (attraverso il "Fairlight VT5") con l'elettronica.
"I sing the voice impossible" è tra le più intriganti. In un ambiente esotico, la voce si insinua nella struttura del pezzo - da notare la suggestione del solo finale - e i suoi suoni competono per bellezza con quelli del sax soprano di Giancarlo Porro, tra i migliori strumentisti in Italia. Un carosello di tempi sovrapposti, interventi subdoli di Glovox, informazioni che passano dalla voce agli strumenti elettronici per celebrare l'impossibile!
"In the fine art of loving": c'è stata una lite tra amanti. Litigare può affinare l'arte stessa di amare, ossia l'esaltazione dell'amore nell'ardore di arpeggi, nei tenui suoni etnici e nella forte impronta vocale di Lanzetti, che esegue il riff finale di basso.
"?ti ot ecnad uoy naC" è il risvolto di "Can you dance to it?"!!! I computer leggono il parlato e lo traducono in note o in percussioni. Una genialità degna delle grandi produzioni.
In "I sing some more", la voce è diventata l'assoluta protagonista, gli autori hanno costruito un nuovo brano dagli elementi di un altro. Rivisitare, semplificare, ammiccare.
Chiude il lavoro "Horse's Neck" (il nome di un Cocktail) altra genialità, una sorta di rewind, una veloce scorsa di tutto il lavoro dove si ascoltano gli elementi sonori caratterizzanti le diverse tracce dell'album - che è già finito e non ce ne siamo nemmeno resi conto?! Etnica, Funky, monofonie graffiate, pennellate, ceselli o scarabocchi emergono e frizzano come bollicine di un Long Drink.
Il solo conclusivo di chitarra è un omaggio ai padri del jazz moderno.


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