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Rave: storia di un fenomeno

    Nel 1988 inizia a sentirsi nelle discoteche londinesi la cosiddetta acid music, basata su sonorità elettroniche ipnotiche, capaci per la prima volta di far vivere il ballo come esperienza non più soltanto fisica, ma anche mentale. Tale caratteristica è accentuata dal contemporaneo diffondersi di sostanze psicoattive quali l'ecstasy.
La nuova aria "psichedelica" convince la cultura più underground dei punk e dei freak, rimasti fino ad allora distanti dai locali da ballo, ad adottare l'acid music quale riferimento.
I primi rave nascono dal tentativo di portare il ballo al di fuori dei locali da ballo, troppo legati alle logiche commerciali. I luoghi preferiti diventano allora i capannoni industriali abbandonati e illegalmente occupati. Tra i primi raver a portare i propri impianti stereo (sound system) nei rave all'aperto troviamo gli Spirital Tribe, e precisamente al festival di Stonhenge. Nel frattempo l'acid music si è definitivamente tramutata in techno, composta da ritmi estremamente ossessivi e suoni freddi ma capaci, per quanti vi si lasciano andare, di coinvolgersi profondamente.
Sebbene la scena musicale rave e quella dei locali da ballo più all'avanguardia tentano alcune volte a confondersi, il vero rave rimane un fenomeno unico in quanto privo di logica commerciale: gli organizzatori non prevedono nessun ritorno economico e forse proprio questo elemento lo rende particolarmente sospetto agli occhi della legge, che ne prende subito le misure adottando tutta una serie di dure norme repressive contro il loro svolgimento.
Questo non ha impedito al rave di diventare ugualmente un fenomeno globale.
In Italia, le prime feste proposte come "rave" erano in realtà delle grandi feste commerciali capaci di fruttare grossi business; saranno viceversa i centri sociali a organizzare i primi veri rave non commerciali.